LAVORI
SONATA N° 1
per pianoforte
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SONATA N° 1
organico: pianoforte
anno di composizione: 2015-2022
editore: Preludio
durata: 18′ ca.
NOTA DELL’AUTORE
I. Un poco rubato e libero
II. Andantino, senza rigore
III. Brillante
Ho impiegato ben sette anni per scrivere questa mia “prima” sonata, avendo avuto tante pause e ripensamenti. È stato faticoso perché nel mentre ero anche cambiato, così come era cambiata la mia scrittura.
Comporre una sonata oggi può sembrare anacronistico, ma in fondo la scrittura musicale (ossia “mettere in scena su carta” una propria opera) non è essa stessa anacronistica oggi? Rapportarsi con la scrittura è forse così diverso dal mettersi in dialogo con le forme tradizionali così come con i compositori che scrissero quelle stesse sonate? Penso a Beethoven, penso ad Ives, ma anche a Sciarrino o a Rzewski. Una forma musicale può essere ereditata, ma può anche essere messa in discussione così come produrre un dibattito attorno a ciò che essa può rappresentare oggi. Scrivere musica rimarrà sempre un modo con cui mettersi a chiacchierare con il passato, ma al tempo stesso è anche l’unico mezzo con cui oggi possiamo conservarlo (e magari proiettarlo nel futuro).
In ogni caso, definirei questa sonata come una “sonata commento”, alla stregua dei commentari medievali; solo che questa volta non è Tommaso che commenta Aristotele ma sono io che “commento”… la Waldstein di Beethoven! Sì, perché alla fine ho cercato di riproporre la struttura dell’Op. 53 (a modo mio) in una sorta di lunga “glossa” contemporanea. Non so se l’operazione sia riuscita; ho tentato. Alla fine, riproporre le forme del passato può passare anche attraverso questo genere di scrittura “chiosistica”… così come conservare una traccia della loro interpretazione di oggi, proprio attraverso la ri-scrittura di queste forme. Si “parla” sempre della musica attraverso le parole; perché invece non provare a farlo con la musica stessa?
Per parafrasare Ives, una sonata dev’essere per forza sempre una sonata?